domenica 3 maggio 2015

A new brother

Marshaad - Casa Saref
 Estate 2512

-NO QUIERO UN HERMANO!-
E' l'urlo che emerge dalla gola della quindicenne Leah Ortega Saref verso i genitori, mentre scatta dalla sedia. Il tavolo trema per un istare, prima che lei corra su per le scale in direzione della propria camera.
-Leah...- Prova a mormorare suo padre, osservandola scappare via come un animale braccato dai cacciatori.  
Hassan Saref è un uomo alto, dal fisico allenato e statuario, ma con la dolcezza adagiata sugli occhi scuri. E' un soldato, ma non è fatto per uccidere bensì per salvare le vite. Di tutti.

-Si deve abituare gerāmi, è tutto nuovo per lei.- Replica Jasmine Azhar verso il marito con un tono morbido, pacato e rassicurante, di chi è paziente e sicuro di come affrontare le situazioni. Lo è sempre stata, anche prima di ottenere la cattedra in lingue e culture contemporanee nella più prestigiosa università della capitale.
-Ne avevamo già parlato. Speravo avesse capito...-  Un sospiro accompagna le parole dell'uomo di colore, che torna ad abbassare il viso verso il piatto, sconfitto.
Martin White Saref, 4 anni, è l'unico che, in tutta l'avvenimento non ha aperto bocca. Gli occhi scuri gli sono rimasti fermi sulla cena, la testa bassa, come in attesa di una possibile punizione per esser la causa di quel trambusto. 
Negli orfanotrofi di Victory è così che s'imparara la disciplina. Ancora non ha somatizzato di non essere più un orfano.
-Tesoro, stai bene?- E' Jasmine a interpellarlo per prima, il tono preoccupato dalla sua espressione quasi spaventata.
-Mi picchierete?- Domanda il bambino con un filo di voce: quella di chi ha paura soltanto ad aprire bocca.
-Cosa dici Martin? Questo non accadrà mai!- E' la replica stizzita di Hassan mentre allunga delicatamente la mano per provare ad alzare il mento del bambino. Di suo figlio.
-Lei ha urlato, per me. E' colpa mia.- Ribatte il bambino con gli occhi che di colpo si fanno lucidi, in preda ad un attacco di pianto fanciullesco quanto istintivo.
-Non è colpa tua, tesoro. Lei deve solo... - Gli occhi di Jasmine percorrono la scala, in un tragitto immaginario fino alla porta della camera di sua figlia. Vi si soffermano, tristi. - yād raftan. Dimenticare.-




martedì 17 marzo 2015

What she would like to tell


Horyzon - Capital City
8.03.2517

La ragazza è ferma davanti alla macchina automatica per l'incisione delle piastrine da circa 2 minuti e 8 secondi. Lei non li conta, ma se li sente scivolare addosso con una lentezza etera e innaturale.
Sul display della macchina lampeggia un 95: l'avvertimento del numero massimo di caratteri inseribili, compresi segni di punteggiatura, spazi e qualsivoglia altro segno grafico. 

Lei lo sa, non le bastano 95 caratteri per dire a Sebastian Gray Holmes tutto quello che gli vorrebbe dire.
Vorrebbe dirgli che è una brutta persona, che è stato cattivo. Perché ha avuto la capacità d'insinuarsi sotto la sua corazza protettiva, disgregandola pezzo per pezzo come si fa con un muro di burro, per poi sgusciarle via dalle mani prima che potesse ricambiargli il favore.

Vorrebbe dirgli che non è così che ci si comporta, far credere di poterle insegnare tanto, di poter esser una spalla amica, prima di lasciarla da sola a mandare avanti la baracca. Che è facile dire: Io credo nelle tue possibilità, quando te ne stai andando lontano.
Vorrebbe dirgli che la promessa che gli ha strappato della labbra, di non sparire, di esserci comunque, non può romperla a costo della vita perché ha già avuto troppe delusioni e abbandoni per poterne supportare un altro senza sfaldarsi in mille lamine. Che se proverà a sparire lo andrà a prendere fin dove si è nascosto per urlargli addosso il suo risentimento.

Vorrebbe dirgli che sa di esser egoista perché non vorrebbe la sua partenza, nonostante gli legga la felicità infondo agli occhi venati da una malinconia costante. Che, nonostante tutto, anche lei è contenta perché lui è felice, o lo sarà presto.
Vorrebbe dirgli che invidia quella persona importante, ignota, che sta andando a cercare perché le ha strappato un mentore e un amico senza preavviso, senza darle il tempo di tornare a erigere quella corazza che lo Sceriffo Gray le ha sbriciolato come velina. Per potersi distaccare dall'avvenimento, sentire meno il colpo, che invece le arriva come un pugno dritto allo stomaco. Solo per poi aggiungere che è felice che lei sia riuscita a smuovere Sebastian da quella tristezza arpionata ai sorrisi.

Vorrebbe dirgli che lo ringrazia per ciò che ha deciso d'insegnarle, che ancora le vorrebbe insegnare, e che darà il massimo per cercare di non deludere le sue aspettative. Perché è stato un ottimo mentore, oltre che un amico, e che non vorrebbe mai deluderlo.
Vorrebbe dirgli che ogni volta che picchierà il muso sul terreno avrà la forza e la testardaggine di piantare i piedi e tirarsi su, come fa lui ogni volta che le ossa gli ricordano di esser rotte, e di non preoccuparsi perché sicuramente c'è qualcuno ad attenderlo più il là. Che è una brava persona e non si possono ignorare le brave persone. E che, la fortuna sarà dalla sua parte. Ne è sicura, come un calcolo matematico.

Vorrebbe ricordargli che non si può sempre e soltanto dare agli altri, senza ricevere qualcosa per sé, perché ciò non è giusto. Che le ha dato così tanto, prima di andarsene senza averle dato la possibilità di potergli restituire indietro qualcosa.
Che deve ricevere indietro qualcosa, anche se 95 caratteri non bastano.

Allo scadere dei 2 minuti e 14 secondi, Leah Saref sta già componendo sul tastierino holografico il messaggio da incidere sulla piastrina militare.
Usa tutti i 95 caratteri, compresi segni di punteggiatura, spazi e qualsivoglia altro segno grafico. Li usa tutti perché Leah Saref stavolta non può tenersi indietro niente, deve dare tutto ciò che può.
Perché Sebastian Gray Holmes si merita di ricevere indietro tutto ciò che dato.


http://s3.postimg.org/9jnw1st4z/cionseb2.jpg